È tutto da bruciare

j

by Chiedi alla Polvere

}

Febbraio 19, 2019

BON JOVI: “Work for the working man” (2009)

Can someone somewhere help me justify/Why these strong hands/are on the unemployment line? – Qualcuno da qualche parte può aiutarmi a giustificare/perché queste mani forti/sono senza lavoro?

Questo cementificio ha una storia controversa, almeno a partire dal settembre 2015, quando fu ammesso alla procedura del concordato. Poco dopo la società fu rilevata per 100 milioni di euro da un noto gruppo romano del settore, che a sua volta la cedette alla branca tedesca di un colosso del distretto italiano, realizzando una plusvalenza secca di 200 milioni di euro. Questa duplice operazione, definita in due anni scarsi con tempistiche alla Usain Bolt, ha determinato il licenziamento di tutte le maestranze che, solo grazie all’azione sindacale, riuscirono ad essere in parte ristorate con un rimborso forfettario di circa 15.00 euro a testa. In realtà gli appetiti degli imprenditori interessati non erano più rivolti al cemento (tant’è che non furono mai presentati dei piani industriali), ma all’incenerimento dei rifiuti, attività verso la quale la società originaria si era già mossa fin dal 2009 per tentare una riconversione. Il passaggio cruciale si ebbe per effetto della famigerata legge del 2014 nota come “Sblocca Italia”, nella quale furono individuati diversi siti, tra i quali quello qui presentato, per realizzare un inceneritore di ultima generazione da 200.000 tonnellate annue. Faccio notare che ultima generazione in questo caso non vuol dire massima sicurezza ma, al contrario, un sito autorizzato a bruciare materiali generati da ogni tipo di rifiuto. Inutile dire che in regione i vari organi pubblici competenti si adeguarono, ognuno per la propria competenza, alle decisioni del governo centrale, nonostante alcune resistenze da parte di associazioni civiche e di qualche isolato politico locale. Al popolino, come da prassi, resta sul groppone un’area da risanare, sulla quale è già stata accertata la presenza di cobalto oltre la norma e di chissà quante altre sostanze (amianto a terra, soprattutto), naturale eredità per un’attività del genere. Ora tutto è nella mani del Tar e qualche risultato lo si è ottenuto, avviando una prima fase di bonifica. Il sito dista pochissimi chilometri da un centro abitato, fra l’altro toccato dall’ultimo sisma che ha colpito le Marche, tanto per significare la valenza del potenziale danno ambientale da evitare. Ripercorrere, sia pure a grandi linee, la storia ultima di questo complesso industriale mi sembra il minimo per far capire quali storie, anche sgradevoli, si possono nascondere dietro un abbandono, oltre che per il rispetto dovuto alle maestranze che per tanti anni vi hanno lavorato. Per la visita ho scelto un giorno festivo, allo scopo di evitare i saltuari controlli effettuati per la bonifica e ho buttato sempre un occhio al consueto giro della vigilanza esterna. Come spesso capita nell’urbex, l’ingresso non è quasi mai dove i lavoratori sono passati per tanti anni, ma con un po’ di pazienza e una camminata fuori programma, lo si può trovare abbastanza facilmente. E’ un sito praticamente vergine o comunque poco praticato, che concede ogni tipo di emozione e spunto fotografico a chi abbia voglia di salire le passerelle (tutte stabili quelle da me verificate) per addentrarsi nei tanti meandri che offre. Ammetto che avrei potuto fare di più e che non sono riuscito a visitare tutto il complesso, ma, appesantito com’ero dall’attrezzatura fotografica e soprattutto dal mio inseparabile Manfrotto vintage, non me la sono sentito di salire le ripide scale in ferro che portavano alla sommità del sito; del resto, dopo ore di perlustrazione le gambe erano un bel po’ provate ed ero comunque soddisfatto del bottino raccolto. Alla fine, posso dire che, per chi pratica, l’urbex un posto del genere è invitante come un piatto fumante di pappardelle fatte in casa col sugo di cinghiale (ammetto questa debolezza) e che si è trattato di un’esperienza emozionante. In attesa delle pappardelle, ovviamente.

RICERCA TEMATICA

SCEGLI LA TUA REGIONE

Categorie

Archivio

Post relativi

Diplomazie monastiche

Diplomazie monastiche

PLASTIC ONO BAND: “Give peace a chance” (1969) Ev’rybody’s talking about/revolution, evolution, masturbation,/flagellation, regulation, integrations,/meditations, United Nations,/congratulations./All we are saying is give peace a chance. - Tutti parlano...

Acacie in chiesa

Acacie in chiesa

GRAHAM NASH: “I used to be a king” (1971) I used to be a king/and everything around me turned to gold,/I thought I had everything/and now I'm left without a hand to hold. - Ero un re/e tutto intorno a me si trasformava in oro./Pensavo di avere tutto/e ora sono rimasto...

Gemellaggi oltremanica

Gemellaggi oltremanica

SEX PISTOLS: “God save the Queen” (1977) There’s no future/in England’s dreaming./Don’t be told what you want,/don’t be told what you need./There’s no future, no future,/no future for you. – Non c’è futuro/nel sogno dell’Inghilterra./Non farti dire ciò che vuoi,/non...