Perchè fare urbex
Perché fare urbex? I motivi sono diversi e tutti più volte esposti dai molti che la praticano. Io mi limito ad aggiungere le parole di una pagina del libro della Schalansky “Lo splendore casuale delle meduse” (a scanso d’equivoci, il libro, salvo queste poche parole, è davvero mediocre: non compratelo), che mi sembra un piccolo esemplare di devozione alla natura, neutra e imparziale con tutti. Poi, ovviamente, ognuno la pensa come vuole, per cui possiamo accodarci a Nietzsche: “Guardiamoci dal dire che esistono leggi nella natura. Non vi sono che necessità” o tranquillizzarci con Aristotele: “Dio e la natura non fanno nulla invano”. Insomma, la caccia è sempre aperta.
“Le piante trasformano sostanze con una scarsa resa energetica in sostanze ricche di energia. Negli animali è il contrario. Noi (n.d.t.: uomini) semplicemente non siamo autotrofi. Se fossimo verdi, non avremmo più bisogno di mangiare, fare la spesa, lavorare. Non dovremmo fare assolutamente più niente. Basterebbe sdraiarsi un po’ al sole, bere acqua, assumere anidride carbonica, e tutto, ma proprio tutto, sarebbe sistemato”.
“La vegetazione muta e paziente: tanto di cappello. Le piante possono comunicare senza parole e sono sensibili al dolore senza avere un sistema nervoso. A quanto pare hanno anche dei sentimenti, il che tuttavia non costituisce un progresso. Forse sono superiori a noi proprio perché possono fare a meno dei sentimenti. Alcune piante hanno più geni dell’uomo. La strategia più promettente per salire al potere è ancora quella di venire sottovalutati per poi colpire al momento giusto. Non si può ignorare che la flora é in agguato. Presto si riprenderà tutto. Riprenderà possesso dei territori abusati con i suoi tentacoli produttori di ossigeno, sfiderà le intemperie, spaccherà l’asfalto e il cemento con le sue radici. Seppellirà i resti della civiltà passata sotto una fitta coltre d’erba. La restituzione ai proprietari é solo questione di tempo. L’uomo è un evento fugace a base di proteine. Ha infestato questo pianeta per un breve periodo e alla fine, proprio come tanti esseri misteriosi, scomparirà. Un buffo fossile. Le piante invece restano. Esistono prima di noi e ci sopravviveranno. Non il degrado, ma il ritorno al puro stato selvaggio. Un processo di incorporazione lussureggiante, una rivoluzione pacifica”.
(tratto da: Lo splendore casuale delle meduse – Nottetempo Edizioni: 2013 – di Judith Schalansky)