VAN DER GRAF GENERATOR: ”A plague of lighthouse keepers” (1973)
No time now for contrition:/ the time for that’s long past./ The walls are thin as tissue and/ if I talk I’ll crack the glass./ So I only think on how it might have been,/ locked in silent monologue, in silent scream. – Non c’è tempo ora per il pentimento:/il tempo per questo è passato via./Le pareti sono sottili come tessuto e/se parlo romperei il vetro./Quindi penso solo a come avrebbe potuto essere,/bloccato parlo tra me in silenzio, in silenzio grido.
Il semaforo di Capo Sperone, in stato di completo abbandono, è ubicato sulla sommità del promontorio, a circa 175 mt slm, in località denominata “Su Monti de Su Semafuru”, nella punta sud di Sant’Antioco. I ruderi dei fabbricati presenti consistono nel semaforo, edificio a più livelli, e nei ruderi della stazione radio e degli alloggi del comandante e dei semaforisti. Il semaforo svolse inizialmente (1887) la funzione civile di semaforo navale; successivamente divenne una stazione radio militare ma, già allo scoppio della prima guerra mondiale, per la sua posizione strategica, venne riconvertito in stazione di comunicazione e, solo un mese prima della fine del conflitto, fu cannoneggiato da un sommergibile tedesco che ne danneggiò l’antenna. Durante l’ultima guerra ebbe il ruolo multiplo di stazione radar, vedetta e difesa antinave e antiaerea, dapprima sotto la direzione della Regia Marina e, dalla primavera del 1943, fu presidiato da un distaccamento di truppe tedesche della Luftwaffe, che vi installarono una postazione antiaerea Freya (nome in codice Stier-Toro), avente lo scopo di avvistare tempestivamente le formazioni aeree statunitensi in transito dal Nord Africa. Dopo la fine delle ostilità il semaforo mantenne compiti di vedetta da parte della Marina, fino alla sua dismissione datata 31 dicembre 1957. Raggiungere il faro è relativamente agevole, almeno finché si percorre lo sterrato in pianura. Paradossalmente le difficoltà iniziano quando si prende la stradina lastricata che porta alla sommità dell’altura. Non ci sono indicazioni che vietino l’accesso, ma il percorso tutto a tornanti strettissimi su una carreggiata lillipuziana è avventuroso, a dir poco. Ho riflettuto solo al ritorno che, incrociare un altro malcapitato avrebbe comportato una sfida all’OK Corral per stabilire una precedenza impraticabile. Arrivati in cima alla collina, si gode una vista splendida a 360° sul golfo di Palmas, sia pure parzialmente velata dalla leggera foschia della giornata. Il sito è in evidente abbandono: diverse pertinenze sono ridotte a ruderi e il faro stesso, che comunque permette di ammirarne la maestosità e una certa armonia delle forme, denuncia il lungo periodo di oblio. Ci sono qua e là segni evidenti dei puntellamenti e la segnaletica di rito sui pericoli per l’accesso, peraltro interdetto in maniera del tutto insufficiente. Dal punto di vista architettonico, l’edificio è diviso in due parti. La prima, con pianta rettangolare, era disposta per l’attività del semaforo e del personale di servizio. La seconda, rivolta a sud, di forma semicircolare nella parte anteriore, era destinata alla sala operativa con sette finestre per tenere d’occhio un gran tratto di mare. Difficile ipotizzare un riutilizzo della struttura, fosse anche solo ad una destinazione recettiva, per la quale necessiterebbero opere non indifferenti per il ripristino di una viabilità adeguata. L’area è soggetta a vincolo paesaggistico e ambientale, le costruzioni sono soggette a vincolo storico culturale. Una parte del compendio immobiliare è stata concessa in uso alla Guardia di Finanza per l’installazione di una postazione radar per la sorveglianza costiera, ma l’installazione non è mai avvenuta. Terminato l’uso originario, probabilmente il faro è destinato al progressivo disfacimento: la luce si è spenta per sempre.