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Un rogo dimenticato

Un rogo dimenticato

GERRY & THE PEACEMAKERS: “You’ll Never Walk Alone” (1963)

Walk on through the wind,/walk on through the rain./Though your dreams be tossed and blown,/walk on, walk on with hope in your heart/and you’ll never walk alone,/you’ll never walk alone – Cammina nel vento,/cammina nella pioggia./Anche se i tuoi sogni/saranno sconvolti e andati in fumo,/va avanti, va avanti con la speranza nel cuore/e non camminerai mai solo,/non camminerai mai solo.

San Benedetto del Tronto, ore diciassette di domenica 7 giugno 1981, ultima giornata di campionato della Serie C1, girone B. Sta per iniziare l’incontro Sambenedettese-Matera, che sancirà la promozione in serie B della squadra marchigiana. Pochi istanti prima del fischio d’inizio, nella curva sud dello stadio “Fratelli Ballarin”, stipata all’inverosimile in un clima di grande festa (si calcolano oltre 12.000 spettatori), partono dei bengala e forse sarà proprio uno di questi a scatenare un improvviso e furioso incendio, alimentato dai quintali di carta, ridotta a coriandoli, che fanno da tappeto coreografico alla curva. Le 3.500 persone che per diversi minuti rimangono intrappolate sui gradoni della Curva Sud sono avvolte da un’immensa vampa, resa più cruda dal caldo della giornata. ll panico è totale: le chiavi delle porte delle uscite di sicurezza non si trovano e gli idranti non funzionano. Si rimane impotenti davanti al crescere delle fiamme, che divampano sempre più alte e minacciose. Molti fuggono alla disperata, travolgendo altri che cadono rovinosamente a terra, avvolti dal fuoco che avanza inesorabile, alimentato anche da un vento improvviso. Dove non c’è il fuoco si forma la calca e gran parte della folla viene spinta violentemente contro le reti di recinzione col terrore che queste, soprattutto quelle laterali nella parte più alta della curva, possano crollare e far precipitare nel vuoto quanti vi sono addossati. Il bilancio finale del rogo del Ballarin fu di un centinaio di feriti e sessantaquattro ustionati, di cui tredici gravi, per i quali si rese necessario il calvario delle operazioni di plastica ricostruttiva, e, dato ancor più drammatico e doloroso, due morti, due giovanissime ragazze che cesseranno le loro sofferenze solo pochi giorni dopo aver patito le conseguenze di ustioni gravissime su tutto il corpo. All’esterno dell’impianto sportivo non c’è neanche una targa che ricordi quel tragico pomeriggio in cui si consumò la più grande tragedia mai avvenuta in uno stadio di calcio italiano. Siamo ormai lontani da quel maledetto giorno del 1981, eppure la vicenda giudiziaria che ne è seguita non si è ancora definita compiutamente, poiché Cassazione deve ancora pronunciarsi e chissà quando lo farà. Sembra proprio che Maria Teresa Napoleoni e Carla Bisirri, le due innocenti vittime di quel rogo, abbiano dovuto camminare sole per tutto questo tempo. Ecco perché ho dedicato loro il più celebre inno calcistico del mondo, che viene intonato sugli spalti del Kop ogni volta che all’Anfield scendono in campo i rossi del Liverpool. Mi piace pensare che magari così si sentiranno meno sole.

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