SMITHS: “Well I wonder” (1985)
This is the final stand of all I am./Pleas keep me in mind – Questa è l’ultima dichiarazione di ciò che sono./Per favore ricordati di me.
Quando sai che un posto è particolarmente malsano, che ha le sembianze di una città in miniatura, che è pericoloso e affascinante, allora è il momento che la bestia si risveglia dal sonno: bisogna portare fuori il cane. Occorre arrivare nelle viscere più profonde dell’Umbria, quasi al confine con la Toscana, per visitare questa centrale termoelettrica a lignite, il cui periodo di attività abbraccia un quarantennio circa a partire dagli anni ’50. L’ingresso, come spesso accade, si rivela più semplice di quanto pensassi e, nonostante recinzioni e muri, un’apertura (in questo caso facilissima da scavalcare) si trova quasi sempre. Raramente mi è capitato di fare un sopralluogo in un posto così interessante, ma è talmente vasto che credo di doverci tornare, perché l’orario invernale mi ha costretto a terminare l’esplorazione anzitempo, senza aver potuto completare il sopralluogo. Innumerevoli gli spunti fotografici: dalle palazzine che la circondano, alle gigantesche ventole, che disegnano in aria rosoni orizzontali e verticali, dalla torre di raffreddamento ai laboratori ricchi di provette e attrezzature di precisione, per finire con i rifiuti tossici e le polveri sottili di cui il luogo sarebbe pieno, anche se dovevano essere così sottili che non le ho percepite (comunque, basta mettersi una mascherina del costo di 0,50 Euro). Ho trascorso ore e ore di pura meraviglia, come un bambino al parco giochi, ma purtroppo non avevo fatto bene i conti con l’incombere dell’ora legale e, come un qualunque bambino costretto a scendere dalla giostra, avrei voluto fare ancora un altro giro.